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Carlos Alberto, il talento sprecato del Porto: "Bevevo e fumavo"

Carlos Alberto, il talento sprecato del Porto: "Bevevo e fumavo"

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In goal in finale di Champions a 19 anni, Carlos Alberto non ha mai reso secondo le aspettative: "Tutto molto rapido, non so se fossi preparato".

Ricardo Carvalho, Maniche, Deco, eccetera. E José Mourinho nel ruolo del condottiero. Facile individuare i pilastri del Porto che, nel 2004, conquistò la Champions League contro il Monaco. Meno semplice ricordarsi chi segnò il primo goal di quella finale, disputata a Gelsenkirchen: Carlos Alberto, all'epoca appena diciannovenne. Una meteora del calcio europeo.

Già, perché quel giovanissimo trequartista di Rio de Janeiro brillante e qualitativo pareva aver tutto per sfondare nel calcio che conta. E invece si è dovuto accontentare di un paio di esperienze nel nostro Continente: al Porto, appunto, e poi al Werder Brema in Bundesliga. La causa principale? Una testa che non è mai andata di pari passo con i piedi. E Carlos Alberto, in una lunga intervista al portale brasiliano 'UOL Esporte', dimostra di saperlo perfettamente. Senza rimpianti, però.

"Per farti capire com'ero: io bevevo, fumavo, facevo altre cose, poi andavo in campo e correvo. Oggi i giocatori non fanno nulla, non hanno nemmeno il sangue per correre. Uno una volta mi ha chiesto: 'Ma fumavi quando giocavi?'. Un sacco. Ho cominciato in Portogallo. Oggi fumo meno, voglio smettere. Non è una buona cosa per chi deve portare avanti una carriera che dipenda dal proprio corpo".

Fumo, tanto fumo, e naturalmente tante serate in discoteca. Anche queste, molto spesso, sotto la luce dei riflettori.

"Ci andavo, non avevo bisogno che nessuno mi ci portasse. Ma erano normali nottate in discoteca. Il giorno dopo tornavo a essere un professionista".

Già, ma l'extra campo non ha di certo aiutato Carlos Alberto dentro il rettangolo verde. Nella sua carriera c'è tanto Brasileirão e pochissima Europa. Uno spreco, per un talento che dopo la magica serata di Gelsenkirchen pareva poter spaccare il mondo.

"Tutto è stato molto rapido. A volte mi domando: sono stato preparato per tutto questo? Tutti pretendono che tu sia educato, che ti comporti bene, ma un calciatore di 20, 22 anni è ancora un bambino di fronte alla vita. Commette degli errori, ma niente di irreparabile".

In tutto questo, anche una storia di doping: al Vasco da Gama, una delle ultime avventure della sua carriera, per uso di sostanze illecite. Un caso in cui Carlos Alberto si è sempre professato innocente.

"Lì ho perso un anno. Ovvio, ho pensato di smettere con il calcio. Nei miei confronti è stata commessa un'ingiustizia molto grande".

Carlos Alberto, il talento sprecato del Porto: "Bevevo e fumavo"

In goal in finale di Champions a 19 anni, Carlos Alberto non ha mai reso secondo le aspettative: "Tutto molto rapido, non so se fossi preparato".

Ricardo Carvalho, Maniche, Deco, eccetera. E José Mourinho nel ruolo del condottiero. Facile individuare i pilastri del Porto che, nel 2004, conquistò la Champions League contro il Monaco. Meno semplice ricordarsi chi segnò il primo goal di quella finale, disputata a Gelsenkirchen: Carlos Alberto, all'epoca appena diciannovenne. Una meteora del calcio europeo.

Già, perché quel giovanissimo trequartista di Rio de Janeiro brillante e qualitativo pareva aver tutto per sfondare nel calcio che conta. E invece si è dovuto accontentare di un paio di esperienze nel nostro Continente: al Porto, appunto, e poi al Werder Brema in Bundesliga. La causa principale? Una testa che non è mai andata di pari passo con i piedi. E Carlos Alberto, in una lunga intervista al portale brasiliano 'UOL Esporte', dimostra di saperlo perfettamente. Senza rimpianti, però.

"Per farti capire com'ero: io bevevo, fumavo, facevo altre cose, poi andavo in campo e correvo. Oggi i giocatori non fanno nulla, non hanno nemmeno il sangue per correre. Uno una volta mi ha chiesto: 'Ma fumavi quando giocavi?'. Un sacco. Ho cominciato in Portogallo. Oggi fumo meno, voglio smettere. Non è una buona cosa per chi deve portare avanti una carriera che dipenda dal proprio corpo".

Fumo, tanto fumo, e naturalmente tante serate in discoteca. Anche queste, molto spesso, sotto la luce dei riflettori.

"Ci andavo, non avevo bisogno che nessuno mi ci portasse. Ma erano normali nottate in discoteca. Il giorno dopo tornavo a essere un professionista".

Già, ma l'extra campo non ha di certo aiutato Carlos Alberto dentro il rettangolo verde. Nella sua carriera c'è tanto Brasileirão e pochissima Europa. Uno spreco, per un talento che dopo la magica serata di Gelsenkirchen pareva poter spaccare il mondo.

"Tutto è stato molto rapido. A volte mi domando: sono stato preparato per tutto questo? Tutti pretendono che tu sia educato, che ti comporti bene, ma un calciatore di 20, 22 anni è ancora un bambino di fronte alla vita. Commette degli errori, ma niente di irreparabile".

In tutto questo, anche una storia di doping: al Vasco da Gama, una delle ultime avventure della sua carriera, per uso di sostanze illecite. Un caso in cui Carlos Alberto si è sempre professato innocente.

"Lì ho perso un anno. Ovvio, ho pensato di smettere con il calcio. Nei miei confronti è stata commessa un'ingiustizia molto grande".

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