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Stramaccioni: "Fossi rimasto all'Inter, avrei avuto Aubameyang e Gomez"

Stramaccioni: "Fossi rimasto all'Inter, avrei avuto Aubameyang e Gomez"

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Dalla promozione all'Inter alla lite con Cassano, parla Andrea Stramaccioni: "Avrei dovuto capire di più Antonio". I rimpianti? Aubameyang e Gomez.

Un anno e mezzo appena. Iniziato in maniera quasi euforica e concluso con gli occhi bassi, come troppe volte è capitato all'Inter dell'immediato post Triplete. Andrea Stramaccioni ha vissuto un sogno da cui si è svegliato in maniera brusca. E oggi, mentre attende di rientrare nel calcio italiano dalla porta principale, ripensa ai tempi in cui sedeva sulla panchina nerazzurra.

Lo fa in una lunga intervista a 'Tuttosport', nella quale gli argomenti toccati sono tanti: l'arrivo all'Inter per guidare la Primavera, i rapporti con Massimo Moratti, la celeberrima lite con Antonio Cassano, i colpi di mercato sfiorati e mancati. Ma soprattutto la promozione in prima squadra, all'indomani del trionfo nella NextGen e nonostante un 7-1 subìto dal Tottenham qualche mese prima. Ed è da questo che parte Stramaccioni.

"La mattina dopo aver vinto con l’Ajax, tra l’altro nello stadio dove sette mesi prima il Tottenham ci aveva rifilato quei sette goal, accendo il telefono e vedo che ho ricevuto duemila telefonate da Piero che mi dice «Andre, il presidente questa mattina ha delle strane idee ma, qualsiasi cosa ti dice, tu rifiuta». Premetto che Ausilio lo diceva perché mi voleva bene: l’Inter era una polveriera, aveva bruciato allenatori straordinari come Benitez, Gasperini e Ranieri, e lui avrebbe voluto che seguissi un altro percorso partendo dalla Serie B. Io gli risposi che non ero stupido, sapevo che parlava così perché mi voleva bene ma io, un ragazzo di poco più di trent’anni che veniva dal nulla, come potevo rifiutare l’Inter? Mi sarei sputato in faccia per tutta la vita. Non fa parte del mio carattere, io non sono un vigliacco e ho sempre lavorato per arrivare a giocarmi un’occasione così".

L'incontro con Moratti si conclude con la notizia che Stramaccioni stava attendendo: il nuovo allenatore dell'Inter al posto di Claudio Ranieri è lui.

"Dopo tre minuti di convenevoli, Moratti cambia tono, si tira giù gli occhiali, mi guarda, prende un blocco di fogli bianchi, una penna e pronuncia una frase che ricorderò sempre: “Allora mister, lei come la farebbe giocare questa Inter?”. E mi dà blocco e penna. E io ho detto quello che pensavo: che alla squadra, con l’infortunio di Sneijder, mancava di un vero playmaker a centrocampo e quello poteva esserlo Stankovic. Poi dico che Chivu non poteva restare ancora ai margini e che Milito non poteva essere messo in ballottaggio con Pazzini. Dopo cinquanta minuti, la sentenza: “Sa che le dico, non me ne frega niente di quello che penseranno, ma lei è il nuovo allenatore dell’Inter”. Bam. Sono casco dalla sedia. Era successo l’impensabile".

Altro momento topico: il 4-2 che l'Inter infligge al Milan nel derby della penultima giornata del 2011/12, successo che, assieme al 2-0 della Juventus col Cagliari, regala lo scudetto ai bianconeri.

"Finito quel derby, un massaggiatore mi disse: “Mister, ti aspetta nello spogliatoio una persona”. Nell’androne vuoto c’era Esteban che mi lascia la maglia e mi dice “Mister, stasera mi hai fatto ritrovare sensazioni che non pensavo di provare più”. Cioè, stava parlando Cambiasso, uno che ha una testa che va tre, quattro giri avanti. E stava parlando con un ragazzo di 36 anni che era alla prima esperienza da allenatore. Credo che Moratti mi abbia tenuto anche perché lo voleva quel gruppo storico di giocatori che, in quel momento, erano l’Inter".

Il capitolo più triste, oltre alla mancata conferma al termine del 2012/13 per far spazio a Walter Mazzarri, è la furibonda lite con Antonio Cassano durante quella stessa stagione.

"Quando l’Inter ha iniziato ad avere problemi legati alle voci di cessione da parte di Moratti, molti delle parti della struttura hanno cominciato a vacillare perché il legame con il presidente era quasi patriarcale. E probabilmente Antonio, nella seconda parte della stagione, si è visto meno al centro del progetto. Lì sono iniziati piccoli problemi: lui voleva un preparatore personale ma gli si spiegò che all’Inter, a differenza che in altre squadre, non l’aveva nessuno. Alla fine è successo quello che tutti sapete. Tornassi indietro, l’avrei dovuto capire di più. Non voglio usare la parola proteggere. Però, in quei momenti, uno come Antonio va capito e invece io presi di petto alcune situazioni, contando sul fatto che tra noi ci fosse un rapporto. Però la situazione, paradossalmente è degenerata di più rispetto a quanto sarebbe accaduto se fosse stato un giocatore normale".

Altro rimpianto: la costruzione della squadra del 2013/14, abortita a causa delle turbolenze societarie (il passaggio di proprietà da Moratti a Thohir) e della mancata conferma di Stramaccioni.

"Fossi rimasto, avremmo giocato 4-3-3 con un tridente composto da Aubameyang, Milito e Gomez, con Palacio prima alternativa. Con il Saint-Etienne eravamo pronti a trattare, oltre ad Aubameyang, pure Guilavogui che avrebbe dato protezione alla difesa, mentre per andare a prendere il Papu, Branca era già andato a Catania ottenendo il via libera da Pulvirenti".

Stramaccioni: "Fossi rimasto all'Inter, avrei avuto Aubameyang e Gomez"

Dalla promozione all'Inter alla lite con Cassano, parla Andrea Stramaccioni: "Avrei dovuto capire di più Antonio". I rimpianti? Aubameyang e Gomez.

Un anno e mezzo appena. Iniziato in maniera quasi euforica e concluso con gli occhi bassi, come troppe volte è capitato all'Inter dell'immediato post Triplete. Andrea Stramaccioni ha vissuto un sogno da cui si è svegliato in maniera brusca. E oggi, mentre attende di rientrare nel calcio italiano dalla porta principale, ripensa ai tempi in cui sedeva sulla panchina nerazzurra.

Lo fa in una lunga intervista a 'Tuttosport', nella quale gli argomenti toccati sono tanti: l'arrivo all'Inter per guidare la Primavera, i rapporti con Massimo Moratti, la celeberrima lite con Antonio Cassano, i colpi di mercato sfiorati e mancati. Ma soprattutto la promozione in prima squadra, all'indomani del trionfo nella NextGen e nonostante un 7-1 subìto dal Tottenham qualche mese prima. Ed è da questo che parte Stramaccioni.

"La mattina dopo aver vinto con l’Ajax, tra l’altro nello stadio dove sette mesi prima il Tottenham ci aveva rifilato quei sette goal, accendo il telefono e vedo che ho ricevuto duemila telefonate da Piero che mi dice «Andre, il presidente questa mattina ha delle strane idee ma, qualsiasi cosa ti dice, tu rifiuta». Premetto che Ausilio lo diceva perché mi voleva bene: l’Inter era una polveriera, aveva bruciato allenatori straordinari come Benitez, Gasperini e Ranieri, e lui avrebbe voluto che seguissi un altro percorso partendo dalla Serie B. Io gli risposi che non ero stupido, sapevo che parlava così perché mi voleva bene ma io, un ragazzo di poco più di trent’anni che veniva dal nulla, come potevo rifiutare l’Inter? Mi sarei sputato in faccia per tutta la vita. Non fa parte del mio carattere, io non sono un vigliacco e ho sempre lavorato per arrivare a giocarmi un’occasione così".

L'incontro con Moratti si conclude con la notizia che Stramaccioni stava attendendo: il nuovo allenatore dell'Inter al posto di Claudio Ranieri è lui.

"Dopo tre minuti di convenevoli, Moratti cambia tono, si tira giù gli occhiali, mi guarda, prende un blocco di fogli bianchi, una penna e pronuncia una frase che ricorderò sempre: “Allora mister, lei come la farebbe giocare questa Inter?”. E mi dà blocco e penna. E io ho detto quello che pensavo: che alla squadra, con l’infortunio di Sneijder, mancava di un vero playmaker a centrocampo e quello poteva esserlo Stankovic. Poi dico che Chivu non poteva restare ancora ai margini e che Milito non poteva essere messo in ballottaggio con Pazzini. Dopo cinquanta minuti, la sentenza: “Sa che le dico, non me ne frega niente di quello che penseranno, ma lei è il nuovo allenatore dell’Inter”. Bam. Sono casco dalla sedia. Era successo l’impensabile".

Altro momento topico: il 4-2 che l'Inter infligge al Milan nel derby della penultima giornata del 2011/12, successo che, assieme al 2-0 della Juventus col Cagliari, regala lo scudetto ai bianconeri.

"Finito quel derby, un massaggiatore mi disse: “Mister, ti aspetta nello spogliatoio una persona”. Nell’androne vuoto c’era Esteban che mi lascia la maglia e mi dice “Mister, stasera mi hai fatto ritrovare sensazioni che non pensavo di provare più”. Cioè, stava parlando Cambiasso, uno che ha una testa che va tre, quattro giri avanti. E stava parlando con un ragazzo di 36 anni che era alla prima esperienza da allenatore. Credo che Moratti mi abbia tenuto anche perché lo voleva quel gruppo storico di giocatori che, in quel momento, erano l’Inter".

Il capitolo più triste, oltre alla mancata conferma al termine del 2012/13 per far spazio a Walter Mazzarri, è la furibonda lite con Antonio Cassano durante quella stessa stagione.

"Quando l’Inter ha iniziato ad avere problemi legati alle voci di cessione da parte di Moratti, molti delle parti della struttura hanno cominciato a vacillare perché il legame con il presidente era quasi patriarcale. E probabilmente Antonio, nella seconda parte della stagione, si è visto meno al centro del progetto. Lì sono iniziati piccoli problemi: lui voleva un preparatore personale ma gli si spiegò che all’Inter, a differenza che in altre squadre, non l’aveva nessuno. Alla fine è successo quello che tutti sapete. Tornassi indietro, l’avrei dovuto capire di più. Non voglio usare la parola proteggere. Però, in quei momenti, uno come Antonio va capito e invece io presi di petto alcune situazioni, contando sul fatto che tra noi ci fosse un rapporto. Però la situazione, paradossalmente è degenerata di più rispetto a quanto sarebbe accaduto se fosse stato un giocatore normale".

Altro rimpianto: la costruzione della squadra del 2013/14, abortita a causa delle turbolenze societarie (il passaggio di proprietà da Moratti a Thohir) e della mancata conferma di Stramaccioni.

"Fossi rimasto, avremmo giocato 4-3-3 con un tridente composto da Aubameyang, Milito e Gomez, con Palacio prima alternativa. Con il Saint-Etienne eravamo pronti a trattare, oltre ad Aubameyang, pure Guilavogui che avrebbe dato protezione alla difesa, mentre per andare a prendere il Papu, Branca era già andato a Catania ottenendo il via libera da Pulvirenti".

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